Ci sono infinite storie che la Via Spluga ha raccontato e a cui ha fatto da sfondo: storie di escursionisti provenienti da molti Paesi, di persone che hanno vissuto esperienze uniche lungo gli interminabili gradini dei 70 chilometri di sentiero che collegano la città svizzera di Thusis a Chiavenna.
Ognuno di questi protagonisti porta nella propria memoria un’immagine intima e indelebile di questa straordinaria avventura, che si inscrive però su un vivere comune senza tempo, un’esperienza condivisa con altri viandanti che nei secoli hanno percorso questo itinerario che sin dall’epoca dei romani collegava i porti italiani con i principali centri dell’Europa.
Tra i tanti passaggi d’obbligo, quello della Locanda Cardinello rappresenta forse una delle mete più caratteristiche e autentiche. L’origine di questo luogo risale al 1722, quando Antonio Raviscioni decise di aprire a Isola il punto di posta proprio all’imbocco del sentiero del Cardinello, tratto più suggestivo, ma anche più insidioso, di tutto il percorso. La Via Spluga era una strada da percorrere a piedi o a cavallo, e quindi esclusa da qualsiasi possibilità di transito in carrozza.
Poco prima del Cardinello, i viandanti provenienti da Chiavenna facevano volentieri una sosta alla locanda di Antonio, dove trovavano stalle e foraggio per gli animali, camere finemente arredate e una cucina generosa.
Per molti nei secoli questo luogo ha rappresentato anche un punto fondamentale di salvezza nelle giornate in cui il tempo volgeva rapidamente al peggio, portando in molti casi abbondanti nevicate.
Di tutto questo patrimonio sono giunte a noi le sale da pranzo e le camere della Locanda di cui Martino Raviscioni, pronipote di Antonio, ha ripreso la gestione nel lontano 1980.
Basta entrare nelle stüe del Settecento foderate in legno e dotate di pigne per il riscaldamento, per ritrovarsi catapultati nell’atmosfera che respiravano i viaggiatori di tre secoli fa.
Con l’avvio del progetto Via Spluga, la frazione di Madesimo ha conosciuto un notevole successo. «Dalla primavera fino all’autunno inoltrato, c’è un continuo passaggio di escursionisti che scendono il passo verso Chiavenna e che soggiornano alla locanda per ritemprarsi delle fatiche lungo il cammino. Proprio come avveniva secoli fa».
Nella sua Locanda, Martino offre un’ospitalità genuina, autentica. «Ci sono momenti che caratterizzano il soggiorno dei nostri ospiti, che sono divenuti parte di un rituale molto atteso. Ogni sera offriamo un gustoso aperitivo nell’antica sala a piano terra: diventa l’occasione per socializzare e per raccontare ciò che ha rappresentato la Locanda nei secoli, quale ruolo ebbe la Via Spluga e quali personaggi eminenti delle varie epoche passarono di qui».
Insomma, una rapida lezione di storia, arricchita da aneddoti e vicende divertenti che tengono alta l’attenzione dei turisti.
Il momento della cena completa il cerimoniale: davanti a un piatto fumante di pizzoccheri bianchi, a una porzione generosa di polenta e carne, il tutto bagnato da buon vino rosso e grappe, ogni viandante racconta di sé, della sua vita e della sua esperienza lungo il cammino.
«Non so quante persone abbiano mangiato e dormito qui in questi ultimi anni – conferma Martino -. Potrei raccontare mille storie diverse di chi ad esempio è passato una volta ed è tornato qualche anno dopo chiedendo di essere sistemato nel medesimo tavolo e nella medesima camera della prima visita, oppure di quel gruppo di signore tedesche scese dal Cardinello sfinite, rimaste poi in piedi fino a notte fonda per cantare e fare festa al suono di una fisarmonica».
La testimonianza di Martino Raviscioni è senza dubbio la più preziosa: ci dà l’idea di quanto la Via Spluga abbia cambiato non solo l’economia di una valle ma abbia saputo anche rispolverare lo spirito più vero di quella straordinaria umanità che le genti delle Alpi, al di là e al di qua del Passo dello Spluga, hanno condiviso e offerto a quanti hanno intrapreso la storica via.