Ciao Sara! Innanzitutto presentaci brevemente chi sei e chi sono i tuoi compagni di viaggio che ci accompagneranno alla scoperta dei vini valtellinesi…
“Valtellina. In alto i calici” è la non-guida dedicata ai vini di Valtellina che ho scritto con Paolo Stecca e a cura di Casimiro Maule, pubblicata da Bellavite Editore.
Chi fa da sé fa per tre, recita un adagio popolare: ma se si è in tre è decisamente meglio, aggiungo. Si tratta infatti di professionalità diverse tra loro ma complementari e sinergiche: io sono giornalista, ma anche degustatore della Regione Lombardia e dell’Associazione Italiana Sommelier, e mi occupo di comunicazione del vino, ma lo analizzo anche tecnicamente.
Paolo Stecca è un pubblicitario di lungo corso che si è specializzato nel naming, packaging e branding per il mondo del vino.
Casimiro Maule non ha bisogno di presentazioni: dopo 47 vendemmie come Direttore della Nino Negri, una delle cantine più note in Valtellina appartenente al Gruppo Italiano Vini, è uno degli enologi di maggiore riconoscibilità non solo in Valtellina ma nel nostro Paese. Il suo Sfursat 5 Stelle ha ottenuto nel 1989 la medaglia d’oro al Concorso Enologico di Bordeaux, uno dei più prestigiosi a livello mondiale.
La Valtellina mi ha in un certo senso adottato: da milanese ho conosciuto sin da bambina il territorio, i cui ricordi più belli appartengono alla mia storia di famiglia. I miei genitori hanno trasmesso a me e a mio fratello un amore profondo per questa terra: a mia volta ho trasferito questa passione ai miei gemelli. L’interesse per il vino mi ha portato successivamente a vivere questi luoghi anche professionalmente, motivata dal desiderio di raccontarli per l’aspetto vitivinicolo e di scoprire sempre nuove ricchezze. Valtellina per me è casa.
Il fil rouge che ha legato la nostra attività e i nostri contributi al progetto editoriale è l’amore per questa valle, per le espressioni di un vitigno, il nebbiolo delle Alpi, animati dal desiderio di valorizzare il patrimonio eno-culturale valtellinese.
La nostra opera è una non-guida: l’obiettivo non era quello di stilare classifiche, di attribuire rating, di creare graduatorie, ma di generare invece uno strumento di consultazione dal formato agile e versatile per conoscere la Valtellina e i suoi vini, in un percorso tra produttori, vigneti, storia, cultura ed enogastronomia.
Il volume è poco più che tascabile: da mettere nello zaino, magari mentre si attraversa la valle per raggiungere una località sciistica, con l’obiettivo di fare sosta per conoscere le cantine e degustare in presenza del produttore. Vi posso garantire che è davvero tutta un’altra cosa!
Esattamente. Il libro presenta e racconta 48 cantine, rientranti nel perimetro del Consorzio Tutela Vini di Valtellina: la descrizione che viene fatta dei produttori è diretta, autentica, a tratti intima.
Questo volume vi darà la possibilità di prendere un calice di nebbiolo delle Alpi, alzarlo verso il cielo, guardarci dentro e, se ci riuscirete, anche più in là.
Infatti, in un calice di nebbiolo c’è l’intera Valtellina: ci sono uve, tecniche in vigna, pratiche di cantina, l’uso del legno e l’affinamento in bottiglia. Ma ci sono soprattutto uomini e donne, c’è la storia di questa valle, c’è la ricchezza di un paesaggio unico al mondo, l’essenza straordinaria di un ambiente pedoclimatico alpino ma dal microclima mediterraneo. Ci sono i terrazzamenti del suo versante retico, c’è la verticalità di una montagna che è stata ridisegnata per rendere vitato un ambiente apparentemente inadatto alla viticoltura, e ci sono i venti che percorrono la valle e i muretti che si scaldano al sole; c’è un sottosuolo particolare, un vero e proprio patchwork geologico che regala ai vini di Valtellina la finezza espressiva che li caratterizza. Ci sono tradizioni, cibi legati alla dieta alpina, materie prime in grado di sprigionare aromi e sapori unici. Ci sono personaggi che hanno contribuito a costruire una Valtellina enologica nuova, e a fare della qualità il primo traguardo da raggiungere.
18 di queste cantine sono legate a un concept visual particolare: i vignaioli sono infatti ritratti in vigna o in cantina a piedi nudi. “In questo modo abbiamo voluto sottolineare il legame forte e imprescindibile che il vignaiolo ha con la Madre Terra: un attore protagonista complice e mai sfruttatore della vigna, con la quale condivide linfa e radici di natura simbolica e non”, aggiunge Paolo Stecca.
“Il contatto con il suolo o con il legno delle botti ha creato un legame forte tra Cielo e Terra, in un unicum che potremmo definire energetico. Si tratta di una non-guida del buon senso e del buon vino, da leggere ovunque ma da bere in loco” – aggiunge Paolo.
Penso che perdersi tra i terrazzamenti della Valtellina forse sia stato l’aspetto più interessante della realizzazione dell’opera: per raccontare la storia dei vignaioli cercando di seguire le vie dell’anima è necessario non solo trascorrere tempo con loro, ma frequentare i luoghi del loro lavoro e della loro vita; è importante stabilire un legame intimo con l’ambiente, non solo per trarne ispirazione, ma per capire cosa e come approfondire.
Turismo, enogastronomia, accoglienza: penso che questi siano i driver più importanti su cui si giocherà il futuro di questo territorio. Le premesse ci sono tutte, a questo punto…”work in progress”.
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Photo credits immagine di copertina: Roberto Ganassa - Clickalps