Di rientro dal terzo e ultimo appuntamento con i bambini delle elementari di Madesimo per il corso di orienteering, ho tempo di riflettere e di raccontare come è nato questo legame.
Cos’è l’orienteering
Per chi non lo sapesse, l’orienteering è una disciplina sportiva che si può praticare in qualsiasi ambiente, purché ci sia una mappa specifica della zona: lo scopo è raggiungere un obiettivo nel minor tempo possibile transitando per punti obbligatori e, a differenza di una normale corsa, sta a te scegliere il percorso che ritieni più veloce. È un’attività in cui servono abilità.Sono atleta e istruttrice di questa attività e così in sinergia con il comune di Madesimo ho proposto ai bambini 3 lezioni per avvicinarli a questo entusiasmante mondo, fatto non solo di corsa e tecnica, ma anche di aria aperta e contatto con la natura. Pur essendo praticato anche in città, potrei definire l’orienteering lo sport dei boschi, visto che molte gare si svolgono in boschi o in parchi: Madesimo con il suo centro ricco di strade pedonali e giardini aperti , di pascoli sterminati e pendii boscosi si presta per questa attività, tant’è che presto vedremo correre in questi luoghi veri e propri atleti con la cartina in mano, ma questo è un altro capitolo….stay tuned….
Esempio di mappa - parchetto a Madesimo
Madesimo dall'alto - Crediti: Roberto Moiola, Clickalps
Il legame con Madesimo
Come ci sono finita io a fare l’attività di orienteering a Madesimo è molto semplice: la scorsa estate ho vissuto questa realtà guardandola dall’alto dell’Alpe Emet, dove a 2200 m slm si trova il rifugio Bertacchi del Cai Vallespluga e di cui mio padre è il gestore.Nei 3 mesi di vita da rifugista mi sono innamorata della Valle Spluga: gli spazi sterminati dei pascoli sugli Andossi, il riflesso del lago di Montespluga, la dolcezza dei mirtilli appena colti e il calore del latte de Donnino appena munto, i pendii dolci della val Niemet e il sentiero impervio ed esposto che porta al pizzo Emet…
La vita in rifugio
La vita da rifugista è caratterizzata da giornate di quiete e giornate di frenesia. Alcuni giorni passano in solitudine, o al limite con la compagnia di qualche sporadico escursionista che decide di affrontare la nebbia e la bisa, il vento forte che proprio sull’alpe Emet tiene dritta la bandiera italiana con le sue maggiori raffiche, allora puoi dedicarti alla pulizia, al riposo e alla scoperta del paesaggio circostante.
In altre giornate invece è possibile che dalla sveglia all’alba con le colazioni di chi parte per l’escursione, fino all’ultimo giro di amari della compagnia che ha organizzato 2 giorni fuori porta, hai a malapena il tempo di sederti a mangiare un boccone. È in queste giornate che apprezzi la sinergia e lo spirito di squadra che si crea tra i ragazzi (chi più e chi meno giovane…) che hanno deciso di vivere per qualche settimana o mese la montagna in modo diverso dal solito, ovvero lavorando in rifugio.
Al Bertacchi passano veri e propri escursionisti preparati per un lungo trekking come la Via Alpina; passano famiglie con i bambini spinti dalla curiosità di conoscere l’asino Rasta, la cui fama sconfina oltreprovincia; passano gli abituè della valle e i forestieri che si trovano qui per caso. Passano italiani, svizzeri, austriaci, tedeschi, francesi, olandesi, scandinavi, australiani, americani, cileni, asiatici… e chi più ne ha più ne metta. Chi solo per il primo caffè della mattina e chi per fermarsi diversi giorni, chi in compagnia e chi in solitaria.
Ognuno è il benvenuto.
Non importa cosa ti spinge a camminare e quanto tempo ci impiegherai, la montagna ti accoglie senza pregiudizio, se tu ne sai riconoscere le potenzialità, le bellezze e talvolta anche le impervie: così si cerca di fare anche al rifugio, che proprio per essere “rifugio” è luogo di accoglienza.